Secondo la Food and Drugs Administration, l’extravergine di oliva che contiene almeno il 70% di acido oleico protegge da infarto e malattie cardiache
Dall’Inferno all’Olimpo. Nel giro di pochi giorni, l’extravergine di oliva passa dalla condanna di bollini neri e semafori rossi per presunta pericolosità per la salute, alla consacrazione a “farmaco” negli Usa. Gli americani riconoscono infatti all’oro verde il potere di scudo contro infarto e malattie cardiache, smentendo i detrattori che vorrebbero addirittura tassarlo perché nocivo.
Secondo l’agenzia statunitense per la salute alimentare Food and Drugs Administration, sulle confezioni degli oli che contengono almeno il 70% di acido oleico bisognerebbe indicare che il loro consumo determina benefici cardiovascolari, dal momento che sostituisce il grasso saturo dannoso per il cuore.
Una promozione a pieni voti per l’extravergine d’oliva, dopo la stroncatura ingiustificata da parte di alcuni Paesi che, con una risoluzione, hanno esortato gli Stati Membri dell’Onu ad adottare etichettature e tassazioni punitive per i cibi considerati pericolosi per la salute perché ricchi di grassi, come appunto l’olio evo, al fine di disincentivarne il consumo.
Il mercato dell’extravergine d’oliva ha numeri da capogiro: negli ultimi venticinque anni, a livello mondiale, gli acquisti sono cresciuti del 49%, rivoluzionando le abitudini alimentari di molti Paesi. Negli Usa il consumo è addirittura triplicato nello spazio di una sola generazione, arrivando alla cifra record di 315 milioni di chili (+174%) e facendo schizzare gli Usa al terzo posto per consumo di evo, dopo Italia e Spagna.
Ma è febbre da oro verde anche in Giappone (consumi aumentati di otto volte fino a 55 milioni di chili), Gran Bretagna (+247,6% per un totale di 58,4 milioni di chili), Germania (incremento del 359,7% fino a 61,6 milioni di chili), Brasile (aumento del 313% per complessivi 60 milioni di chili), Russia (crescita del 233% anche se le quantità restano limitate a 20 milioni di chili), Canada (39,5 milioni di chili e +229%), Francia (incremento del 154% con oltre 111 milioni di chili).
Un’autostrada commerciale spalancata soprattutto per gli olivicoltori italiani, secondi per produzione solo agli spagnoli, ma primi in qualità con 47 oli a marchio Dop o Igp riconosciuti dall’Unione Europea e 533 diverse varietà di olive da cui si ottiene un evo con percentuali di acido oleico fra il 72% e l’83%, ben al di sopra del livello indicato dalla Food and Drugs Administration degli Stati Uniti.