2018, ANNUS HORRIBILIS PER L’OLIVICOLTURA PUGLIESE


Produzione in calo del 65% per le continue ondate di maltempo.

Pericolo d’invasione di olio dall’estero: occhio alle truffe, e lente d’ingrandimento su prezzo, anno di produzione e scadenza in etichetta

Produzione in picchiata, introiti a picco: non si sfugge a questa regola di mercato che sta mettendo in ginocchio l’olivicoltura pugliese. Una campagna, quella del 2018, cominciata male e finita peggio: a fine febbraio le gelate che flagellarono vasti territori fino a compromettere l’intero raccolto; a inizio novembre la tromba d’aria e i nubifragi che hanno devastato le campagne di Brindisi, Taranto e Lecce, senza risparmiare Bari e BAT.
Risultato: il bilancio del calo di produzione, già pesantissimo, si è aggravato dal 58 al 65 per cento. L’annata 2018 aveva già determinato un aumento dei costi di produzione a carico degli olivicoltori, costretti ad operazioni colturali continue a causa delle frequenti ondate di maltempo. Con l’ultima tromba d’aria il bollettino è divenuto catastrofico. E come se non bastasse gli olivicoltori, già stremati dalla natura matrigna, sono costretti a difendersi dai ladri che, soprattutto nel nord barese, saccheggiano i pochi frutti rimasti sugli alberi.

In questo contesto è necessario che il Piano Olivicolo Nazionale investa e punti sulla Puglia, che produce oltre il 50 per cento dell’olio extravergine italiano e che anche quest’anno, nonostante tutto, è rimasta la principale regione di produzione di extravergine d’oliva, con 87 milioni di chili. Nella nostra regione la filiera olearia vale 750 milioni di euro, e nei primi sei mesi del 2018 le esportazioni sono cresciute del 2,1%, per un valore di 66 milioni di euro.

Un dato, purtroppo, è certo: la brusca diminuzione dell’olio d’oliva pugliese farà schizzare le importazioni dall’estero. Già nei primi tre mesi di questo annus horribilis la Puglia ha importato 43,3 milioni di euro di olio extravergine da Grecia e Tunisia, in barba ai controlli previsti dalla legge Mongiello “Salva olio italiano” (9/2013), che impone la tracciabilità in etichetta dell’extravergine di oliva. Dunque, occhio alle truffe, e lente d’ingrandimento su prezzo, anno di produzione e scadenza in etichetta: un “vero” olio extravergine pugliese non può essere venduto a meno di 7 euro al litro, che in realtà non coprono neppure i costi di produzione.

Per arginare frodi e speculazioni, con olio di bassa qualità venduto come extravergine o olio straniero spacciato per italiano, la legislazione deve stringere le maglie in difesa di un prodotto bandiera del Made in Italy e della dieta mediterranea, innanzitutto eliminando il segreto sulle importazioni di materie prime alimentari dall’estero. Sapere chi sono gli importatori, e quali alimenti importano, non solo rappresenta un elemento di trasparenza ma anche un sicuro vantaggio per i consumatori e per la tutela delle nostre produzioni simbolo.

Prezzi di vendita non soddisfacenti e alti costi di produzione mettono a rischio redditività e prospettive future per il comparto olivicolo, che resta la spina dorsale dell’agricoltura pugliese. L’imperativo, per risolvere la crisi, è innovare: investire nel rinnovamento degli impianti olivicoli e dei mezzi tecnici.

 

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